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Calcari ittiolitici

Calcari ittiolitici

I calcari ittiolitici di Giffoni Valle Piana sono calcari associati a scisti bituminosi: rocce sedimentarie, solitamente di fine granulometria, di color nerastro o marrone scuro, ricche di materia organica derivante dalla diagenesi dei resti di organismi sepolti assieme al sedimento. I calcarei ittiolitici derivano il nome all'abbondanza di pesci fossili che vi si ritrovano. Dalla distillazione degli scisti bituminosi si ricava l'ittiolo, un unguento molto utilizzato fino agli anni '60 come rimedio per curare piccole infezioni cutanee. Il “boom” dell’ittiolo si ebbe durante la prima e la seconda guerra mondiale, quando veniva utilizzato per curare le ferite infette dei soldati: ancora oggi l'ittiolo, sebbene in modo meno diffuso che in passato, trova applicazioni per le sue proprietà antisettiche e antinfiammatorie. Nel territorio di Giffoni Valle Piana vi sono miniere per l’estrazione dell'ittiolo che funzionarono fino alla prima metà del novecento.

Breccia quaternaria

Breccia quaternaria

La breccia quaternaria è una roccia sedimentaria clastica. Il reperto risale alla Seconda Meta' del XIX Secolo. Esso è costituito da calcare dolomitico del Giurassico, cementato in terra rossa.
Le brecce sono formate da clasti spigolosi, provenienti da rocce preesistenti e tenuti insieme da una matrice. Si formano in seguito a consolidamento, cementazione e diagenesi di frammenti litoidi di varia origine: frammenti rocciosi provenienti da frane o da fratturazioni durante il piegamento di masse rocciose, frammenti lavici provenienti dai condotti vulcanici in seguito a eruzioni esplosive. La breccia è stata rinvenuta a San Felice al Circeo - Monte Circeo. Il reperto è accompagnato da un cartellino manoscritto dal professore Moncharmont che ne indica la composizione, la collocazione cronostratigrafica e la località di ritrovamento

Piperno

Piperno

Il piperno è una roccia eruttiva effusiva. È un tufo trachitico, di composizione intermedia e chimismo alcalino. È ricco di sanidino e minerali femici. È un tufo vulcanico complesso che si presenta con una matrice prevalente di colore grigio più chiaro costituita da ceneri vulcaniche saldate, in sostanza una trachite alcalina, contenente brandelli lavici visibili come masse lenticolari schiacciate color grigio scuro o quasi nere dette “fiamme” (da cui il termine “piperno fiammato” o “lanceolato”), orientate tutte in una stessa direzione (quella orizzontale del letto di cava).
Per quanto riguarda l’ambiente geotettonico, i depositi delle facies più prossime alla zona di emissione dell’Ignimbrite Campana, osservabili in pochi affioramenti della caldera flegrea, sono rappresentati da una complessa sequenza stratigrafica, la Breccia Museo, costituita principalmente da brecce litiche grossolane ed orizzonti saldati, uno dei più caratteristici della sequenza è rappresentato dal Piperno. Questo è stato prelevato come materiale da costruzione dagli affioramenti posti nel settore orientale dei Campi Flegrei e di Napoli.
Le cave di piperno, sotterranee, sono situate a Pianura e a Soccavo, ma attualmente sono esaurite. Il livello di piperno, con la sovrastante Breccia Museo è ben visibile alla base della collina dei Camaldoli, nella zona di Soccavo, in località Verdolino.

Crosta alabastrina

Crosta alabastrina

l’alabastro è una roccia sedimentaria.
Ha origine dall’ evaporazione di acque ricche di carbonato di calcio (alabastro calcareo) o di solfato di calcio idrato (alabastro gessoso). La formazione dell’alabastro è avvenuta nel Quaternario quando enormi masse d’acqua, frutto dell’evaporazione degli oceani, furono immobilizzate al di sopra delle terre emerse sotto forma di neve e ghiaccio determinando un abbassamento dei mari e di conseguenza l’emersione di fondali. Nell’ultimo dei periodi glaciali che caratterizzarono il Quaternario ci fu diffusione di insediamenti umani con testimonianze in diversi siti archeologici (es: grotte del Poggio, della Serratura e delle Noglie) che testimoniano che alcune grotte ad oggi sommerse erano le loro dimore. Esse si formarono in un ambiente esclusivamente sub aereo in quanto il processo di dissoluzione della roccia può avvenire esclusivamente in presenza di aria, cosi come tutte le concrezioni calcaree che abbelliscono le grotte. L’esistenza di grandi colonne di alabastro al di sotto della superficie del mare è spiegabile conoscendo la storia geologica di queste grotte.
l’alabastro si può trovare in Egitto, dove sin dagli Antichi Romani si estraeva abbondantemente per scopi decorativi, Spagna, Volterra, che divenne la patria dell’alabastro conservando ancora oggi le famose cave etrusche di Ulignano e Gesseri. In Italia le cave più importanti sono quella sotterranea di Castellina Marittima e quella a cielo aperto a Volterra.

Ciottolo forato

Ciottolo forato

I ciottoli sono frammenti di roccia, la cui dimensione va dai 64 ai 256 millimetri, che sono stati arrotondati e levigati dall'azione dell'acqua, in particolare dall'acqua corrente in fiumi e torrenti. I colori sono molto variabili e dipendono dalla roccia originaria. Il reperto presenta evidenti segni di perforazione da spugna: le spugne perforanti sono degli organismi, appartenenti al phylum dei Poriferi, che hanno la capacità di forare i substrati carbonatici, minerali e biogenici presenti nell’ambiente marino. La perforazione avviene per mezzo di secrezioni acide che permettono alla spugna di creare una complessa rete di camere e gallerie all’interno delle quali avviene lo sviluppo. L’azione delle spugne perforanti, la cui famiglia più importante è quella dei “Clionidi”, diffusa ampliamente nel Mediterraneo, rappresenta quindi un importante elemento nei processi di erosione e di produzione di sedimenti. Sul reperto c'è un appunto a mano del prof. Ugo Moncharmont sull'ipotesi che la spugna perforante sia del genere Cliona.

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